Roberto Landriani: ”per quanto tempo vuoi che ti parli di Fogar ?”


Sono da poco passate le 13, la gara del Corrigiuriati del giovedì è appena finita; è metà dicembre, giornata non troppo fredda. All’arrivo aspetto Roberto, gli lascio qualche minuto per riprendere fiato e poi con tanta sfacciataggine, e un po’ di imbarazzo e l’incertezza di come possa reagire, gli chiedo:- “Ti va di dirmi qualcosa di Ambrogio Fogar?
Per quanto tempo vuoi che ne parli?!
La risposta secca è immediata.
Capisco che ho trovato la persona giusta.
Roberto indossa una maglia bianca come i suoi calzettoni, un pantaloncino nero fin su le ginocchia, un cappellino quasi a toccare i suoi occhiali da vista, e un foulard rosso come a difendersi dal freddo. La respirazione è ancora in affanno, mi chiede di sedersi. Ha dolore all’adduttore che percepisce solo a fine corsa. Raggiungiamo la panchina, si siede ma è ancora sofferente. Appoggia i gomiti sulle gambe, abbassa lo sguardo, usa l’indice per spingere gli occhiali e riposizionarli sul naso.
“Il nome di Ambrogio diviene di rilevanza pubblica per la prima volta quando, nei primi anni 70, riesce a fare per primo, il giro del mondo in solitaria in barca a vela da est verso ovest con partenza e arrivo in Castiglione della Pescaia. Su questa straordinaria avventura così come su tante altre avventure che ha compiuto Ambrogio, c’è sempre stato chi ha alimentato dei dubbi ipotizzando maliziosamente che Ambrogio fosse rimasto ‘nascosto’ per mesi a largo in qualche anfratto della costa. Purtroppo però alcuni anni dopo, nel 1978, per un fatto tragico il suo nome riempie la cronaca internazionale; Ambrogio è pronto per un’altra impresa: con la sua barca a vela, parte sempre dal mediterraneo, raggiunge la costa americana, dove in Argentina prende a bordo il giornalista Mauro Mancini per circumnavigare l’Antartide. Ambrogio è sempre stato un tipo un po’ guascone e così di tanto in tanto spegneva la radio per suscitare emozioni e preoccupazioni ; Allora non c’era il GPS e tutta la tecnologia attuale; sta di fatto che la sua barca, il Surprise, viene attaccato da un branco di orche. In due minuti la barca affonda ed Ambrogio e Mancini hanno solo il tempo di prendere delle zollette di zucchero, mezzo chilo di pancetta e degli ami che non serviranno.”
Roberto parla a flusso continuo, la sua voce non modula, rimane impostata sulla stessa frequenza, la cadenza è regolarissima, non si inceppa, non si interrompe. Sembra concentrato, il capo è sempre chino ; alcune gocce di sudore disegnano un percorso prima di lasciarsi cadere dalla fronte. I vetri degli occhiali si velano; io non riesco a vedere il suo sguardo ma lo percepisco.

“Si ritrovano cosi su una zattera, aspettano i soccorsi che non arriveranno mai; dai media vengono dati ormai per morti. Passano giorni, durante i quali non hanno avuto problemi per dissetarsi in quanto riuscivano a raccogliere l’acqua piovana, e si sono alimentati solo con un cormorano abbattuto da Ambrogio a colpi di remo e dalle telline che si attaccavano al fondo della zattera. Dopo 74 giorni Ambrogio, scorge all’orizzonte, lontanissimo, all’imbrunire, un cargo battente bandiera greca/cipriota. Ambrogio ricorda incredulo e con notevole stupore il fatto che la fortuna volle, che un marinaio fermo sul ponte per fumare una sigaretta riesca a vederli e fa in modo che la nave effettui una virata per raggiungere la zattera.”

Ambrogio Fogar e Roberto Landriani
Roberto, raddrizza la schiena, alza lo sguardo, ed elevando l’intensità del tono della sua narrazione prosegue:
“Ancora una volta il racconto si fa un po’ fumoso. Ambrogio è sempre stato un uomo molto chiacchierato, viene da un lato esaltato e dall’altro accusato. Questa volta è la moglie del Mancini che solleva congetture rivelatisi infondate successivamente. I due vengono accolti sul cargo, circondati dagli squali attratti dalle luci, e Mancini in particolare ero allo stremo dello sue forze: era un uomo di 120 kg che ne pesava 60, viene portato su con imbragatura e mezzi improvvisati. Egli non crede al salvataggio e Ambrogio, partito con 78kg era passato a 41kg, per rassicurarlo gli offre del cioccolato. Purtroppo nel giro di mezza giornata Mancini muore. Si ipotizza che la sua morte fosse dovuta ad un allergia all’antibiotico che gli fu somministrato sulla nave. Ma non mancano altre supposizioni 
Dopo alcuni anni, da questa esperienza Fogar ne trae un’intuizione e fonda la rivista Jonathan dimensione avventura, successivamente gli viene affidato la conduzione di un programma televisivo su Canale 5 dove mette in evidenza le sue doti di abile divulgatore. Diviene così un uomo di successo a tutti gli effetti.
Ambrogio, continua le sue avventure e partecipa come navigatore a diverse Parigi-Dakar, la corsa rally più famosa al mondo, e addirittura ne vince una insieme al pilota Marco Vismara. Ancora un colpo di scena gli caratterizza la vita: durante un rally neanche troppo blasonato, la Parigi – Pechino, nel deserto in Mongolia, al mattino, Il Vismara non vede una roccia nascosta da una tempesta di sabbia, e il range rover su cui viaggiavano si ribalta. Vismara ne esce illeso mentre ad Ambrogio viene riscontrato un buco di un centimetro e mezzo nella colonna vertebrale. Condannato a morire di asfissia sul posto, viene invece salvato dall’equipaggio di un elicottero russo, che fortuna volle passasse di la proprio in quel momento. Sarà prigioniero della tetraplegia”.
Roberto inanella una serie precisa di dati, date, nomi di barche, nome di città e deserti. Mi parla di costole rotte, di diaframma aperto da pacemaker per permettergli parlare, di vertebre cervicali. Racconta di una dettagliatissima diagnosi, fa riferimenti a tantissimi particolari che a me lasciano sbalordito. Sono affascinato dal suo racconto. Una foto del post gara, durante la nostra chiacchierata, mostra un ambiente frenetico, tanta gente intorno a noi e quel percorso di terra battuta davanti alla nostra panchina molto trafficato. E pure io non mi sono accorto di loro, ero sintonizzato sulla frequenza della sua voce, ero attratto dalla concentrazione di quest’uomo, ero affascinato dal racconto al punto che mi sono ritrovato prima nascosto tra le coste della Toscana, poi su una zattera circondato dall’oceano, e poi ancora su un cargo cipriota a fumare una sigaretta.
“Durante la fase iniziale della sua malattia ha avuto numerosi alti e bassi. Talvolta mi chiedeva di fargli una iniezione per lasciarlo morire, mi chiedeva dell’eutanasia. Successivamente ha poi trovato la forza e ha compiuto altre imprese . Ha girato infatti l’Italia, su un’imbarcazione, in un letto basculante, da Genova a Trieste fermandosi in molti porti e tenendo delle conferenze per un’opera di sensibilizzazione nei confronti della tetraplegia. Ha scritto tre libri di discreto successo. Ha vissuto 13 anni in questa condizione e Ambrogio ne andava fiero essendo andato oltre il periedo di sopravvivenza di Christopher Reeve, il famoso attore che interpretava Superman, anch’egli tetraplegico, che era vissuto 11 anni da tetraplegico. Ambrogio se ne va nel sonno il 24 agosto 2005.
Ambrogio si definiva un Uomo di strada, abitava in Via Rombon e frequentava questo campo come facciamo tutti noi. Era uno di noi, uno come noi!”. Roberto alza il braccio destro e con il palmo rivolto verso l’alto, indica la gente davanti a noi, come a dire che oggi anche Ambrogio sarebbe stato qui
Ambrogio veniva qui, aggiunge, si allenava e amava vedere le foglie gialle che sia accumulavano in quella zona. Allora il campo era più esteso che adesso. Ha corso la maratona in 3h31’, faceva la Milano-Pavia. Per Ambrogio il Giuriati era un mondo, una famiglia, era molto di più di quanto riportato sulla targa all’ingresso del campo.
Io sono diventato molto amico di Ambrogio dopo l’incidente in Mongolia: prima Ambrogio era un uomo che stava sulle sue, era vanitoso, si dava un sacco di arie. Invece Ambrogio tetraplegico, è stata una persona fantastica perché ha accettato la sua condizione e si è dimostrato un esempio di vita incredibile. Gli piaceva parlare di corsa e quando a turno andavamo a trovarlo, iniziava lo sfottò sui nostri tempi sul 5000 e sulla gara che avevamo appeno fatto.
Roberto Landriani è un medico chirurgo, oltre a essersi dimostrato un profondo conoscitore della vita di Ambrogio, è stato un amicissimo dell’esploratore, così si è definito durante la chiacchierata, e se proprio vogliamo definirla coincidenza, mettendoci i paraocchi ed evitando di scomodare divinità o religioni vi informo che Roberto conserva una straordinaria somiglianza fisica con Ambrogio. Tale somiglianza fu notata anche dai produttori di un film sulla vita dell’esploratore che lo reclutarono come controfigura di Ambrogio stesso. Per tale lavoro Roberto, si diverte a ricordare che è stato retribuito con 2 milioni e mezzo di lire dell’epoca.