Negli anni Novanta era consolidata da molto tempo l’abitudine di ritrovarsi periodicamente in pista (quella famosa in “carbonella” – o meglio scorie di altoforno). Le corse erano praticamente delle campestri: d’inverno la superficie della pista, inzuppata d’acqua, diventava molle tanto da affondarci fino alle caviglie e d’estate talmente arida e polverosa che sembrava di correre nel Sahel, sulla pelle si appiccicava la polvere rossastra sollevata dai piedi.
Le prime a cui partecipai da neofita erano i Memorial in ricordo di Claudio Valentini: già dal 1985, anno in cui perì tragicamente sul Monte Rosa travolto da una slavina mentre discendeva in cordata con altri due compagni, gli amici organizzarono questa campestre a fine autunno e per consuetudine rimase negli anni a seguire come incontro conclusivo della stagione, allietato da un ristoro pre-natalizio.
Nella foto, una inquadratura della tribuna, la cui copertura, rimasta fino agli anni ’90, era stata smontata e trasportata dallo stadio di S.Siro.
Il Giuriati era allora un campo sportivo anomalo perché poteva contare su una pista di corsa di sei corsie (linee tirate col gesso!), lunga 475 metri. Solo nel 1995 la pista venne adeguata agli standard internazionali (pavimentazione in tartan, sviluppo di 400 metri e 8 corsie). In pratica il cuore dell’impianto era il campo di rugby e durante l’occupazione degli Alleati nel corso della Seconda Guerra Mondiale, la pista fu ricostruita dai soldati australiani che ne rispettarono le dimensioni, più estese di quello attuale.
Gigi Baglioni